Come per le selezioni del Festival di San Remo che arriva di tutto e di più da ascoltare e premiare, dove la scelta è veramente ardua, dove il saper valutare diventa difficoltoso, dove purtroppo capita veramente di tutto e non perdere l'obiettivo qualità, contenuti, sonorità, popolarità e coinvolgimento ogni tanto viene annebbiato/offuscato, spiazzando/disorientando, dal tutto.
Lo stesso capita per le migliaia e migliaia di film, proposte di trame e trailer, dove appunto la scelta di un bel film che possa catturare la nostra curiosità ed interesse diventa sempre più difficile. Arriva di tutto sui nostri schermi piccoli e grandi. A volte qualcosa di qualità però si perde lungo i percorsi di diffusione, oppure la permanenza di proiezioni che soddisfano le nostre aspettative perdurano talmente poco che il giorno dopo c'è già una nuova proposta.
Una buona opportunità di qualità è arrivata dal Festival del Cinema di Roma, dove da fervente amante della pellicola sono accorsa e così ve ne descrivo qualcuno che può interessarci per le tematiche trattare, sviscerate con realismo, in modo semplice e facile, alla maniera di "Essere e Avere", elogio dell'uomo di scuola di Nicolas Philibert.
CE N'EST QU'UN DEBUT regia Jean-Pierre Pozzi e Pierre Barouger Francia
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"Moi, je dis que la liberté, c'est quand
on peut être un petit peu seul,
respirer un petit peu et être gentil>>
È possibile parlare di filosofia a bambini di scuola dell'infanzia? A questa domanda provocatoria, il documentario "Ce n'est qu'un debut", presentato nella sezione Alice nella città della quinta edizione del Festival Internazionale del film di Roma, risponde: "Si può fare"! La cosa bella, come si vede dal filmato in questo asilo della provincia francese, i ruoli si invertono, gli adulti imparano dai bambini. Iniziatrice una maestra che con il suo rito della candela introduce/induce i bambini a parlare, riflettere, discutere, confrontando le diverse opinioni e i vari punti di vista, nella spontaneamente.
Altro che Platone, Kant , quì si affrontato i temi del vivere quotidiano: l'amore, la paura, la morte, la diversità. Importanti diventano le attitudini dell'osservare, dell'ascoltare e aspettare il momento giusto ed esprimersi liberamente.
Un documentario che ci porta a riflettere sempre più sull'importanza dell'educazione e del valore che i piccoli hanno come contributo per imparare le cose da grandi.
LA SCUOLA ITALIANA regia Angelo Loy e Giulio Cederna
TRAILER FILM
Presentato allo scorso Festival di Torino. Girato in un'aula di una scuola dell'infanzia durante un laboratorio teatrale. Qui le maestre raccontano il viaggio di Dorothy nel magico mondo di Oz. ad ascoltarle ci sono i loro bambini tra i tre e i cinque anni, tutti nati in Italia ma da genitori stranieri. Frequentano la scuola materna Carlo Pisacane, nel cuore di Tor Pignattara, quartiere storico e popolare di Roma oggi abitato da un numero crescente di famiglie immigrate: un fattore che fa aumentare la conflittualità. Mentre il laboratorio teatrale anima bambini, docenti e genitori, che si ritrovano a lavorare e costruire mano nella mano, in tanto la loro scuola diventa un vero e proprio caso di cronaca nazionale.
Questi due esempi di film/documentari sono il modo, la voglia, lo stile di essere insegnanti oggi, con al centro la voglia di dare con passione, di far provare e sperimentare i bambini stessi in percorsi di qualità, fatti di quotidiane esperienze, in laboratori e ricerche.
La stessa passione che ci ha regalato il nostro Benigni quest'anno al Festival di San Remo. Un Benigni che con il suo trattato di storia, alla stregua di un professore universitario, ci ha reso orgogliosi di essere italiani, ci ha reso felici di viverci, uniti da un senso di appartenenza amorevole verso la nostra patria. "Vorrei che voi foste felici, perché viviamo in un paese memorabile, ve lo dico proprio siate felici e se qualche volta la felicità si scorda di voi, voi non vi scordate di essere felici. Spesso per essere felici, deve bastare poco, se la felicità è cara non è di buona qualità".
BENIGNI
Questa stessa passione, questo stesso modo di rapportarsi alla vita e al mondo senza confini.
Lo stesso stile di porsi verso la gente, l'unione verso qualcosa in cui credere l'ho riscontrato, l'ho sentito ancora più pregnante e vissuto con la canzone del cantautore Roberto Vecchioni "Chiamami ancora amore". Il suo modo di cantare, il suo gesticolare con impeto, il suo comunicare con il suo timbro e le posture sul palco arrivano come una ventata di calore che mi fa dire: "Non siamo soli ce la possiamo fare a continuare, a seguire/perseguire le nostre passioni e sentirci vivi con coraggio".
Lui stesso sottolinea l'importanza di: "Parlare d'amore, parlare con sincerità, mettendo positività, questa è la vera magia per combattere l'odio, le gelosie e il negativo dei no, degli indici puntati verso chi fa".
Un Festival che ha puntato sul senso di unione, sull'importanza dell'amore e il fervore verso gli altri ed il nostro paese.
Con questo augurio di in bocca al lupo a tutti noi per andare avanti con stile, orgogliosi dei nostri avi, di quello di buono che hanno fatto per noi e orgogliosi di quello che andremo a realizzare noi, per noi e non solo, per i nostri figli, ma anche per i nostri "quasi figli".
Con tutto l'Amore che ho a tutti Voi Possibili!
ROBERTO VECCHIONI
Barbara Riccardi, Docente CD 143° Spinaceto - Roma
Il testo della canzone di Roberto Vecchioni Chiamami ancora amore (link spalla dx)